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I gioielli: il gusto Art Nouveau

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René Lalique, pendente, testa di ragazza incorniciata di papaveri

 

Negli ultimi anni del XIX e nei primi anni del XX secolo si assiste, in tutta Europa, ad una rifioritura delle arti applicate.

Tale fenomeno è da collegare, in primo luogo, al movimento inglese delle Arts and Crafts il quale, denunciando la mediocrità della produzione industriale, si levava a difesa dell’artigianato come salvaguardia della qualità estetica degli oggetti d’uso. L’obiettivo utopistico sostenuto dagli artisti inglesi era quello di rinnovare la società attraverso l’artigianato, convinti che l’uomo, circondandosi di Bellezza, avrebbe raggiunto il più alto grado morale e che di tale innalzamento avrebbero beneficiato le classi meno abbienti.

Questo slancio sociale che aveva caratterizzato, per gran parte, le ideologie dei teorici inglesi, si dimostrò, per lo più, illusorio: l’oggetto d’artigianato sostenuto come salvaguardia della qualità e varietà creativa, andava a scontrarsi con una nuova realtà economica, rivelandosi uno specialismo prezioso e quindi costoso.

Un altro stimolo determinante alla rinascita delle arti applicate, fu il clima simbolista che permeò la cultura europea di fine Ottocento. Esso coinvolse tutte le arti, abolendo così il confine tra arti maggiori e arti minori, nella volontà di fare dell’arte un’esperienza totale, tesa ad investire tutta la vita e a trasformarla secondo un’ideale di estetica bellezza.

Fu soprattutto con l’Art Nouveau, breve fenomeno artistico che coinvolse tutto il mondo occidentale tra 1895 e 1914, che la produzione di oggetti d’arte applicata ebbe il suo momento di massimo splendore nella raffinetezza e nella finezza di esecuzione.

L’Art Nouveau fu più che un semplice fatto stilistico: in realtà essa rappresentava una nuova concezione delle arti minori che teneva conto, in modo rigoroso, dei rapporti intercorrenti fra le strutture tecniche di produzione e il prodotto; ciò al fine di allargare la fruizione dei fatti artistici a strati sempre più larghi, e rifiutando al contempo ogni compromesso verso una riduzione di qualità nel processo di serie.

Questo stile si diffuse rapidamente in tutta Europa, rivoluzionando completamente l’architettura e le arti decorative.

La gioielleria fu una delle attività dove l’Art Nouveau trovò piena realizzazione, prestandosi, più di altre, alle sperimentazioni ardite e raffinate degli artisti-artigiani.

La Francia diede i migliori gioiellieri: nei vent’anni in cui perdurò la moda Art Nouveau, gli artisti parigini produssero alcuni fra i pezzi più eleganti ed originali di ogni tempo.

René Lalique, ornamento da corsetto, “Scarabées”, 1889


René Lalique fu, senza dubbio, il più grande e noto creatore di gioielli. Egli legò il suo nome anche alla figura della grande attrice contemporanea Sarah Bernhardt, per la quale realizzò numerosi monili.

Il merito di lalique fu quello di porre fine all’atteggiamento utilitaristico che era stato tipico dei gioiellieri nei secoli addietro: egli riteneva che il valore intrinseco dei materiali usati in gioielleria fosse del tutto irrilevenate, e li impiegava, perciò, senza badare al loro valore commerciale; se riteneva che il vetro fosse il materiale più adatto e realizzare un certo modello, lo usava senza badare al suo scarso valore.

L’opera di Lalique trae ispirazione, in particolar modo, dalla natura e dall’arte giapponese, molto in voga in quel periodo. I temi naturalistici sono ricorrenti nei suoi gioielli: animali, pesci, piante e, soprattutto, insetti. A volte essi erano riprodotti con grande verosimiglianza, a volte l’immagine veniva elaborata e deformata o era puramente il frutto della fantasia del creatore.

 

Reneé Lalique, spilla a libellula, (1897-1898)

 

Nel 1896 Lalique espose, al Salon di Parigi, i suoi primi nudi scolpiti in avorio, costituenti il tema centrale di un gioiello. Il nudo divenne poi un tema ricorrente delle sue opere e fu molto imitato.

L’esemplare più noto ed affascinante, compreso nella collezione commissionata da Calouste Gulbenkian, è una spilla per corpetto che fu prestata a Sarah Bernhardt. A prima vista essa sembra una libellula, ma ad un esame più attento risulta essere un geco, con lungo corpo sottile ed enermi artigli. Dalle mandibole aperte esce il dorso di una donna che, in luogo delle braccia, ha grandi ali in plique à jour.

Oltre alla raffinatezza nella scelta dei materiali (oro, smalto e gemme) e alla pregiata esecuzione, è da notare che le ali e il busto  sono mobili: geniale espediente che permette alla spilla di spostarsi assieme al corpo della persona che la indossa.

In questo caso il naturalismo di Lalique non è altro che il risultato di un’interpretazione fantastica ed inquietante: l’animale si trasforma in donna nuda, un’immagine erotica che rimanda alla figura della femme fatal per l’aggressività ed il senso di pericolo latente, celato, in questo caso, dagli artigli dorati.

Alpons Mucha, pendente sicomoro, 1905

 

Un altro importante gioielliere parigino fu Georges Fouquet, la cui miglior produzione coincise con gli anni in cui lavorò con il disegnatore di manifesti Alpons Mucha.

Alpons Mucha era già affermato nella creazione di opere d’arte applicata in genere, quando Fouquet gli propose di collaborare con lui per rivaleggiare con la produzione di Lalique: il risultato fu una concezione nuova ed originale della gioielleria.

Vennero così alla luce le seducenti e sfarzose parures de tete et de corsage, preziose acconciature sistemate sul capo e nel busto con profusione di pietre a cabochon, smalti, pendenti, gruppi tintinnanti di ciondoli appesi a catenelle, volti femminili scolpiti nell’avorio, piastre e catene di fogge diverse.

Alfons Mucha, braccialetto e anello con serpenti, 1899

 

Uno dei pezzi più conosciuti è il celebre braccialetto e anello con serpenti, indossato da Sarah Bernhardt nel ruolo di Cleopatra, apparso, l’anno precedente, nel manifesto realizzato sempre da Mucha per la Médée. Un grande serpente d’oro a smalti si arrotola tre volte intorno al polso, e la testa intagliata nell’opale con gli occhi di rubini si posa sul dorso della mano: dalla bocca esce una catena che lo unisce ad un anello al dito pure di opale, oro e smalti. Un esemplare, come molti altri di Mucha, ispirato a modelli indiani dell’antichità, sognati con la sensibilità del raffinato contemplatore esteta fin de siècle.

Gli effetti della moda Art Nouveau si avvertirono anche in altri paesi europei, ma nessuno di essi produsse gioielleria di particolare valore, ad eccezione del Belgio.

Nell’ultimo decennio del XIX secolo, contemporanee allo sviluppo del gioiello Art Nouveau, persistevano forme decisamente più tradizionali legate, ad esempio, all’uso dei diamanti: Cartier e Boucheron a Parigi, Asprey a Londra, Black Starr e Frost a New York, Bulgari in Italia producevano opere di grande valore tecnico-artigianale, ma di originalità piuttosto limitata.

Verso il 1914, l’Art Nouveau si estinse, vittima di un certo accademismo manierato, e con essa sembrò dissolversi anche la speranza di una rinascita delle arti apllicate.

Philippe Wolfers, l’orchidea, 1900
Gioiello da testa realizzato in oro, smalto, plique à jour, rubini e diamanti. E’ alto 7,6 centimetri.

 

 



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